Ecco i rapporti tra la Avr e la 'ndrangheta

avr2aprdi Claudio Cordova - La penetrazione del territorio inizia nel 2009 tramite la Provincia di Reggio Calabria che affida i lavori di manutenzione stradale ordinaria e straordinaria. Ma, pian piano, la società Avr, costituita nel 1966, si allarga e lavora con altri Enti, per la Gallico-Gambarie, ma anche, per la controversa e discussa raccolta dei rifiuti. Ora l'indagine "Helios", in cui sono indagati non solo i vertici dell'azienda, ma anche diversi amministratori pubblici, prova a ricostruire come la ditta venuta da Roma sia riuscita a diventare egemone nel territorio reggino.

Un rapporto, quello ricostruito dall'inchiesta del pm antimafia Stefano Musolino, che supera le epoche e gli schieramenti, dato che si passa dal centrodestra di Peppe Raffa alla Provincia, alla Commissione Straordinaria del Comune di Reggio Calabria (dopo lo scioglimento dello stesso per 'ndrangheta) fino all'Amministrazione Comunale di centrosinistra, di Giuseppe Falcomatà. La governance sul territorio era nelle mani di Claudio Nardecchia e di Enzo Romeo, responsabile della sede reggina. Ruolo importante rivestito anche dai dirigenti, ossia i coniugi Massimiliano Patruno e Veronica Caterina Gatto, nonché Vittorio Amedeo. Garanti del rapporto con la 'ndrangheta sarebbero stati Giglio Genoese e Andrea Maviglia (operanti nella raccolta dei rifiuti) e Francesco Antonio Purrone (operante nel settore della manutenzione stradale).

I presunti legami con la 'ndrangheta erano già emersi, diversi anni fa, nell'inchiesta "Xenopolis", curata dal pm Roberto Di Palma, tramite Domenico Laurendi, poi però assolto nell'ambito di quel procedimento in cui era accusato di appartenenza alla cosca Alvaro di Sinopoli, ma oggi nuovamente coinvolto nell'inchiesta antimafia "Eyphemos".

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A parlare dei rapporti con la criminalità organizzata e, in particolare, con la cosca De Stefano, sono i collaboratori di giustizia Roberto Lucibello e Salvatore Aiello, rispettivamente imprenditore e manager impegnati nel settore della raccolta di rifiuti. Entrambi raccontano alla Dda di Reggio Calabria come per Avr si stessero verificando le stesse dinamiche che hanno portato all'infiltrazione delle cosche dentro Fata Morgana e, quindi Leonia, società che negli scorsi anni si sono occupate della raccolta dei rifiuti sul territorio di Reggio Calabria. E a svolgere un ruolo importante sarebbe stato l'importante casato di Archi, tramite Paolo Caponera, anche se in maniera meno eclatante rispetto al passato.

Del resto, il Comune di Reggio Calabria veniva da uno scioglimento per 'ndrangheta, proprio a causa, anche, del ruolo delle cosche nelle società miste.

Del ruolo dei De Stefano parlano anche il collaboratore di giustizia Vincenzo Cristiano, già organico alla 'ndrangheta di Villa San Giovanni, ma anche Salvatore Aiello, che negli scorsi anni ha avuto un ruolo importante in seno alla Fata Morgana. Ad Aiello, Caponera aveva specificato che l "AVR "era una società "loro" che faceva quello che dicevano "loro", ossia la cosca De Stefano. Insomma, per il collaboratore l'Avr sarebbe "una prosecuzione con un altro nome" della Fata Morgana e della Leonia. La AVR era disponibile a versare tangenti in favore di appartenenti alla ndrangheta come già faceva nel settore dei lavori pubblici e della manutenzione stradale attraverso il subaopalto di lavori.

Ruolo importante, quello rivestito da Maviglia e Genoese che sarebbero stati l'avamposto della cosca De Stefano nella società, con l'estromissione della cosca Fontana, notoriamente interessata al settore rifiuti, ma pesantemente colpita dalle indagini giudiziarie: I Fontana in quel momento erano . . . Indeboliti e quindi ne approfittò Caponera a subentrare nell'AVR, non so il meccanismo che usarono ma presumoche fosse quello del prezzo, di abbassare i prezzi" afferma Lucibello. Lo stesso Caponera, peraltro, sarebbe stato assunto, tramite una società interinale, avendo quindi anche un ruolo nella società.

Passano gli anni, ma i meccanismi restano gli stessi.

Quando, infatti, nel 2014, a Condofuri vengono danneggiati dei mezzi della società, Nardecchia si sorprende e parlando con la dirigente Gatto ipotizza che l'evento potesse essere ricollegato alla nuova gara per la raccolta dei rifiuti solidi urbani indetta dal Comune di Reggio Calabria ed alla quale AVR aveva partecipato. E afferma, in maniera eloquente, "A Condofuri siamo più scoperti" rispetto a Reggio Calabria. Significativi, poi, i rapporti di subappalto portati avanti dall'Avr con la ditta di Biagio Francesco Maduli, anche dopo l'intervento dell'interdittiva antimafia a carico di Maduli, considerato testa di legno del potente clan dei Pesce di Rosarno. Lo stesso dirigente Romeo si sarebbe preoccupato, anche a fronte di richieste estorsive del subappaltatore, di mantenere le dinamiche di 'ndrangheta, che soggiacciono all'economia sul territorio calabrese.

Dalle conversazioni intercettate emergerebbe la volontà dei rappresentanti della AVR (anche di vertice, come Romeo) di accontentare gli esponenti delle cosche locali nella specie Maduli che si è visto vicino, come il figlio, alla cosca Pesce/Cacciola - mediante l'assegnazione di subappalti, nonostante la circostanza, ben nota ai dirigenti della AVR (per avere provveduto alla revoca del subappalto a seguito del provvedimento prefettizio), che la ditta di questi fosse stata sottoposta ad interdittiva antimafia e che Maduli avesse avanzato espresse richieste di chiara natura estorsiva nei confronti di un proprio subappaltatore.

L'indagine, che è sfociata nel provvedimento del Tribunale di prevenzione di porre sotto amministrazione giudiziaria la AVR, avrebbe dimostrato anche il rapporto con Domenico Pelle, uomo forte della 'ndrangheta della Locride, e che avrebbe ricevuto un trattamento di favore per un appalto sul suo territorio. Diverse le intercettazioni captate tra i dirigenti Romeo e Gatto e l'uomo dell'importante casato di 'ndrangheta. Significativo, infine, il caso di Leonardo Capogreco, anch' egli subappaltatore della AVR e poi della ASE nel periodo 2009-20 14 in relazione alla manutenzione stradale, tratto in arresto nel settembre 20 14 nell'ambito del "Morsa sugli appalti pubblici'', in relazione al delitto di porto e detenzione di armi, aggravato dalle modalità mafiose. Da quell'inchiesta del pm Antonio De Bernardo emerse come, nell'ottobre 2009, gli operai di Capogreco avevano rinvenuto in più occasioni, nel corso dei lavori di manutenzione svolti per conto di AVR S.p.a. lungo strade provinciali della fascia jonica, delle armi da sparo che Capogreco aveva ceduto al proprio futuro suocero, Giuseppe Commisso, detto il "Mastro", vertice dell'omonima cosca sidemese.